C’era una volta un bo... un bo... un bo... un bosco incantato dove viveva un simpatico folletto che si chiamava Frittata. “Chissà perché mi chiamo così?” pensava.
Egli era chiaramente un po’ matto e pesava circa 100 grammi essendo appunto un folletto.
Abitava sotto un fungo che era cresciuto sotto l’unghia incarnita dell’alluce sinistro di un orco che si chiamava P e che tutti chiamavano il P-orco, non si sa bene se per fare prima a chiamarlo o per fare prima a dargli del maiale, visto che non si lavava proprio mai.
Il bravo Frittata (“Che nome strano che ho, non mi piace”, disse all’autore) soffriva molto per il fetore emanato dal P-orco e per non finire intossicato si rivolse ad una sua conoscente, la folletta Karinzia, la quale aveva una amica intima che forse poteva trovare la soluzione per il suo caso essendo un’affermata estetista.
“Estetista io? Ma quando mai!” affermò offesa l’intima di Karinzia, la quale aveva sette lauree ed era professoressa di Fisica delle particelle elementari, medie e superiori. Stupito Frittata (“Dovevi essere ubriaco quando mi hai dato il nome”, protestò egli nuovamente nei confronti dell’autore) chiese spiegazioni a Karinzia, la quale, sorridendo con aria ebete in una nuvola di fumo dall’inebriante odore, arrancò e cadde a pelle di leone. Un buffo ometto vestito di bianco balzò allora addosso a Frittata (“Nome di merda”, ribadì) gridandogli “Break!” e contando fino a dieci .
Il folletto meditò allora un’altra soluzione.
Optò per dei tappi nel naso ma sbagliò mira e se li infilò nelle orecchie.
“Hurrà! Non sento più la puzza! Non sento più il cattivo odore! Non sento più niente!” esultò festante rivolto verso un suo amico che gli rispose: “--------? ------------! -----, -------!”
A quel punto sprofondò nella disperazione più nera ed oltre a non sentire non vedeva più nulla.
Si rivolse allora al saggio Ass, il quale aveva il colorito verde e la fama di un finocchio, sperando che potesse trovare una soluzione al suo problema.
Ass dopo avere meditato per 7 lunghi giorni, praticamente 7 ggggggiiiiiioooooorrrrrrnnnnnniiiiii, si risvegliò, fece colazione e si avvicinò al nostro Frittata (“Stronzo, cambiami il nome!” suggerì indispettito all’autore).
Giunto di fronte al folletto, avvolto da un’aura di solenne misticismo, Ass lo abbracciò con fare paterno, lo carezzò sul volto e lo baciò sulle guance, gli prese le mani e gliele strinse, poi...
“Ass, saggio, tieni a posto lo mani e indicami la soluzione” proruppe preoccupato Frittata (“Uffa! Chiamami Paolo, Mario, ma non Frittata!”).
“Ho riflettuto a lungo figliolo, sembravo uno specchio da quanto ho riflettuto, e ho concluso che sono inequivocabilmente cazzi tuoi, amen.” disse Ass.
Il buon folletto stremato dai ripetuti fallimenti scelse di emigrare su di un nuovo orco, in cerca di miglior sorte e di miglior odor.
La fortuna fu dalla sua.
Trovò un variopinto orco, di nome Baleno, sul quale abitava anche una bellissima comunità di amabili folletti, i quali, dopo qualche tempo, avendolo preso in simpatia, lo elessero indaco.
Ma in questa carica Frittata non ne combinò una giusta e dopo poco tempo i suoi conorchini esasperati, stavolta lo fecero indaco.
Sull’orco Baleno trovò però la sua anima gemella. Si sposò con una affascinante folletta che faceva la centralinista, nota a tutti come la folletta del telefono. Ella aveva un buffo nome: Tento, ed il nostro eroe visse felice e con Tento fino alla fine dei suoi giorni... Ovvero fino all’indomani, in quanto essendosi scordato i tappi nelle orecchie non sentì il clacson di un giaguar che lo centrò in pieno spiaccicandolo sull’asfalto come una frittata.
“...Bastardo...” furono le ultime parole del folletto e nessuno seppe mai se dirette al giaguar o all’autore.
Egli era chiaramente un po’ matto e pesava circa 100 grammi essendo appunto un folletto.
Abitava sotto un fungo che era cresciuto sotto l’unghia incarnita dell’alluce sinistro di un orco che si chiamava P e che tutti chiamavano il P-orco, non si sa bene se per fare prima a chiamarlo o per fare prima a dargli del maiale, visto che non si lavava proprio mai.
Il bravo Frittata (“Che nome strano che ho, non mi piace”, disse all’autore) soffriva molto per il fetore emanato dal P-orco e per non finire intossicato si rivolse ad una sua conoscente, la folletta Karinzia, la quale aveva una amica intima che forse poteva trovare la soluzione per il suo caso essendo un’affermata estetista.
“Estetista io? Ma quando mai!” affermò offesa l’intima di Karinzia, la quale aveva sette lauree ed era professoressa di Fisica delle particelle elementari, medie e superiori. Stupito Frittata (“Dovevi essere ubriaco quando mi hai dato il nome”, protestò egli nuovamente nei confronti dell’autore) chiese spiegazioni a Karinzia, la quale, sorridendo con aria ebete in una nuvola di fumo dall’inebriante odore, arrancò e cadde a pelle di leone. Un buffo ometto vestito di bianco balzò allora addosso a Frittata (“Nome di merda”, ribadì) gridandogli “Break!” e contando fino a dieci .
Il folletto meditò allora un’altra soluzione.
Optò per dei tappi nel naso ma sbagliò mira e se li infilò nelle orecchie.
“Hurrà! Non sento più la puzza! Non sento più il cattivo odore! Non sento più niente!” esultò festante rivolto verso un suo amico che gli rispose: “--------? ------------! -----, -------!”
A quel punto sprofondò nella disperazione più nera ed oltre a non sentire non vedeva più nulla.
Si rivolse allora al saggio Ass, il quale aveva il colorito verde e la fama di un finocchio, sperando che potesse trovare una soluzione al suo problema.
Ass dopo avere meditato per 7 lunghi giorni, praticamente 7 ggggggiiiiiioooooorrrrrrnnnnnniiiiii, si risvegliò, fece colazione e si avvicinò al nostro Frittata (“Stronzo, cambiami il nome!” suggerì indispettito all’autore).
Giunto di fronte al folletto, avvolto da un’aura di solenne misticismo, Ass lo abbracciò con fare paterno, lo carezzò sul volto e lo baciò sulle guance, gli prese le mani e gliele strinse, poi...
“Ass, saggio, tieni a posto lo mani e indicami la soluzione” proruppe preoccupato Frittata (“Uffa! Chiamami Paolo, Mario, ma non Frittata!”).
“Ho riflettuto a lungo figliolo, sembravo uno specchio da quanto ho riflettuto, e ho concluso che sono inequivocabilmente cazzi tuoi, amen.” disse Ass.
Il buon folletto stremato dai ripetuti fallimenti scelse di emigrare su di un nuovo orco, in cerca di miglior sorte e di miglior odor.
La fortuna fu dalla sua.
Trovò un variopinto orco, di nome Baleno, sul quale abitava anche una bellissima comunità di amabili folletti, i quali, dopo qualche tempo, avendolo preso in simpatia, lo elessero indaco.
Ma in questa carica Frittata non ne combinò una giusta e dopo poco tempo i suoi conorchini esasperati, stavolta lo fecero indaco.
Sull’orco Baleno trovò però la sua anima gemella. Si sposò con una affascinante folletta che faceva la centralinista, nota a tutti come la folletta del telefono. Ella aveva un buffo nome: Tento, ed il nostro eroe visse felice e con Tento fino alla fine dei suoi giorni... Ovvero fino all’indomani, in quanto essendosi scordato i tappi nelle orecchie non sentì il clacson di un giaguar che lo centrò in pieno spiaccicandolo sull’asfalto come una frittata.
“...Bastardo...” furono le ultime parole del folletto e nessuno seppe mai se dirette al giaguar o all’autore.
3 commenti:
Bellissimo. Eleggo "Il folletto Frittata" come il mio pezzo preferito ....per ora.
Si molto carino!!!
A dire la veritá, non mi é piaciuto il finale... piuttosto che melodrammatico lo avrei preferito aperto per "puntate successive" ... visto che era davvero carino!! :-)
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