Obongo ascolta il trio che propone
musica dal vivo in un cortile all’aperto, mentre sorseggia la sua birra.
Ha deciso di uscire nonostante
l’umore non sia dei migliori, ma si è fatto un po’ forza e la serata sembra
dargli ragione, rivelandosi piacevole; il repertorio è interessante, con
classici che spaziano dal blues al rock, riproposti in chiave acustica, suonati
bene e con stile dai tre musicisti.
La compagnia è perfetta e la birra
è il tocco finale per scacciare definitivamente le ultime ombre dalla testa.
O meglio: il tocco parziale, perché
visto il caldo c’è bisogno poi di un’altra birra.
E magari un’altra ancora.
Tocco dopo tocco, la musica sinuosa
avvolge tutto e tutti fino a bussare alle orecchie dell’artistico Obongo
risvegliando il cantante che c’è lui.
Obongo in condizioni normali limiterebbe
la sua performance canora a spazi isolati per la gioia di un auditorio composto
da una sola persona: se stesso.
Ma il perfetto mix sonoro, sociale
e alcolico, scioglie qualsiasi dubbio.
La saggezza popolare convince
Obongo che il momento è quello giusto: “canta che ti passa” dice il proverbio.
La canzone è un invito a
delinquere, un classico da cantare col cuore: “I’m just a gigolo… and everywhere I go… People know the part I’m
playing…”
Il controcanto esce da solo e ad
ogni verso della strofa Obongo inizia a rispondere con un “gigolo” o un “gigolo,
gigolo” come da parte assegnata.
Vedendo gli amici intorno divertiti
dalla sua partecipazione, inizia a canticchiare anche la parte principale.
Gli occhi iniziano a chiudersi
nella ricerca dell’ispirazione, la mano sul petto per supportare il
coinvolgimento emotivo. La canzone è un medley costruito per sfociare con
energia nella seconda parte, dove si canta a squarciagola il verso “I ain’t got nobody”, con accento sulla “a”
di “ai” (la parola inglese “I”), una nota da cantare forte e da sostenere per
un po’.
Obongo sa tutto, prende un bel
respiro, prepara mentalmente la durata della “a”; vuole davvero rendere
giustizia al momento… and three… and four…
AAAAAAAAAAAAA zzzzzzz splut… cough cough cough
SBLLLUEEEEEEERRRRRGGGGGGHHHHHHHHHH
Invece che primo in classifica con
la sua personalissima cover di “Just a gigolo/I ain’t got nobody”, Obongo si
ritrova invece piegato in due a scaracchiare sopra un vaso di fiori quasi in
apnea.
Approfittando della durata della
“a” e prima che potesse rifinire l’opera impostando la “i” un poco
collaborativo insetto grosso come un cece ha deciso di mettere fine alla sua
pur notevole prestazione atterrandogli in piena laringe.
Obongo si ricompone sulla sedia
dopo avere espulso tutto ciò che si poteva espellere dalla gola, nei limiti di quanto
dettato dalla situazione sociale.
Recuperato l’utilizzo della bocca,
abbozza un sorriso, ripensando tra sé e sé al proverbio traditore.
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