giovedì 17 settembre 2015

Proverbi

Obongo ascolta il trio che propone musica dal vivo in un cortile all’aperto, mentre sorseggia la sua birra.
Ha deciso di uscire nonostante l’umore non sia dei migliori, ma si è fatto un po’ forza e la serata sembra dargli ragione, rivelandosi piacevole; il repertorio è interessante, con classici che spaziano dal blues al rock, riproposti in chiave acustica, suonati bene e con stile dai tre musicisti.
La compagnia è perfetta e la birra è il tocco finale per scacciare definitivamente le ultime ombre dalla testa.
O meglio: il tocco parziale, perché visto il caldo c’è bisogno poi di un’altra birra.
E magari un’altra ancora.
Tocco dopo tocco, la musica sinuosa avvolge tutto e tutti fino a bussare alle orecchie dell’artistico Obongo risvegliando il cantante che c’è lui.
Obongo in condizioni normali limiterebbe la sua performance canora a spazi isolati per la gioia di un auditorio composto da una sola persona: se stesso.
Ma il perfetto mix sonoro, sociale e alcolico, scioglie qualsiasi dubbio.
La saggezza popolare convince Obongo che il momento è quello giusto: “canta che ti passa” dice il proverbio.
La canzone è un invito a delinquere, un classico da cantare col cuore: “I’m just a gigolo… and everywhere I go… People know the part I’m playing…”
Il controcanto esce da solo e ad ogni verso della strofa Obongo inizia a rispondere con un “gigolo” o un “gigolo, gigolo” come da parte assegnata.
Vedendo gli amici intorno divertiti dalla sua partecipazione, inizia a canticchiare anche la parte principale.
Gli occhi iniziano a chiudersi nella ricerca dell’ispirazione, la mano sul petto per supportare il coinvolgimento emotivo. La canzone è un medley costruito per sfociare con energia nella seconda parte, dove si canta a squarciagola il verso “I ain’t got nobody”, con accento sulla “a” di “ai” (la parola inglese “I”), una nota da cantare forte e da sostenere per un po’.
Obongo sa tutto, prende un bel respiro, prepara mentalmente la durata della “a”; vuole davvero rendere giustizia al momento… and three… and four…

AAAAAAAAAAAAA zzzzzzz splut… cough cough cough
SBLLLUEEEEEEERRRRRGGGGGGHHHHHHHHHH

Invece che primo in classifica con la sua personalissima cover di “Just a gigolo/I ain’t got nobody”, Obongo si ritrova invece piegato in due a scaracchiare sopra un vaso di fiori quasi in apnea.
Approfittando della durata della “a” e prima che potesse rifinire l’opera impostando la “i” un poco collaborativo insetto grosso come un cece ha deciso di mettere fine alla sua pur notevole prestazione atterrandogli in piena laringe.

Obongo si ricompone sulla sedia dopo avere espulso tutto ciò che si poteva espellere dalla gola, nei limiti di quanto dettato dalla situazione sociale.
Recuperato l’utilizzo della bocca, abbozza un sorriso, ripensando tra sé e sé al proverbio traditore.

E a quanto poco ci sia voluto poco a passare da “canta che ti passa” a “zitto e mosca”.


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