Per la rubrica Sounderground ci occupiamo oggi degli Amba Rabah CC KoKo, gruppo new wave salito alla ribalta grazie al sorprendente album d’esordio “Coloured vomits”, che in sole tre settimane ha già venduto 5 miliardi di copie nel solo Lussemburgo (dati PaccoTel).
Il quartetto proviene dalla periferia londinese ed è composto dalla cantante Porty Sfeegah, dal chitarrista di origine abruzzese Henry Pozzofangoso, dal bassista nigeriano Obongo e dal batterista giapponese Ke Gong.
Si definiscono un gruppo pneumacomprensivo e hanno battezzato la loro musica “un pandemonium antipodale e smitizzante”.
Il loro primo album “Coloured vomits” è un vero capolavoro.
Le atmosfere dark si fondono a imbastiture musicali di un candore settecentesco, dando così vita a un mare di suoni grigi e perversi, nel quale i quattro membri della band sguazzano infelici ricreando un magnifico stile di ingenuità compositiva, talmente perfetto, che spesso sembra siano completamente ignari e inconsapevoli di ciò che stanno suonando.
I testi riecheggiano di una filosofia fiabesca come in “Back to my big Godzilla” dove con le parole: “Solo calci in culo, solo calci in culo, solo calci in culo, per tornare dal mio Godzillone!” questi nuovi Doors del 2000 ci propongono un panegirico rutilante e di notevole profondità intellettuale dal quale emerge prepotente tutta la disperazione di una generazione tediata.
Gli Amba Rabah portano avanti un discorso moderno sulla concezione della psiche e sul suo divenire che, grazie alla presenza arrembante di un nuovo io transeunte, genialmente identificato con il mitico mostro giapponese, viene trascinata e salvata allo stesso tempo dalla distruzione.
Strepitoso il lento “Ballad for a postman” in cui nei sedici minuti di puro progressive del brano non si ode nessun altro rumore che quello di un uomo che affranca lettere aiutato dal suo cane bavoso.
Si va poi verso l’ottimistica e scoppiettante “2 minutes to my autopsy” passando per l’allegrissimo e ritmato “Look at my depression”; infine la title track “Coloured vomits” nella quale il testo ci spinge ad una ricerca meticolosa di noi stessi in mezzo ai resti di un mondo che, grazie ad una metafora quanto mai efficace, vediamo riproposto nel vomito di un grassone alcolizzato di Boston.
La cantante Porty è un vero e proprio mostro e copre con la sua estensione ben sette ottavi del palco.
Pozzofangoso invece dispone di una tecnica formidabile grazie alla quale può esibirsi in assoli di notevole difficoltà; infatti la sua tecnica del suono è molto brava anche a suonare la chitarra e quando la partitura diventa tosta lui si fa sostituire.
Per ciò che riguarda le ritmiche gli Amba Rabah palesano ancora qualche limite.
Il bassista Obongo infatti suona solo pezzi in tre quarti dentro un cerchio dipinto con un gesso giallo per motivi religiosi.
Il batterista Ke Gong proviene invece da una poverissima famiglia della periferia di Hiroshima ed oltre a suonare con le stesse bacchette con le quali mangia per motivi economici, ha anche evidenti problemi di coordinazione nell’eseguire i tempi dispari e spesso gli capita di urtare il rullante con tutte e tre le braccia.
Potremo ammirarli presto anche in Italia quando suoneranno, unica data nel nostro paese, al Funny Cancer di Roccapeperone (Ag), accompagnati per l’occasione dagli italianissimi “Riccioli di margarina rancida” dei quali parleremo diffusamente nel prossimo numero.
Il quartetto proviene dalla periferia londinese ed è composto dalla cantante Porty Sfeegah, dal chitarrista di origine abruzzese Henry Pozzofangoso, dal bassista nigeriano Obongo e dal batterista giapponese Ke Gong.
Si definiscono un gruppo pneumacomprensivo e hanno battezzato la loro musica “un pandemonium antipodale e smitizzante”.
Il loro primo album “Coloured vomits” è un vero capolavoro.
Le atmosfere dark si fondono a imbastiture musicali di un candore settecentesco, dando così vita a un mare di suoni grigi e perversi, nel quale i quattro membri della band sguazzano infelici ricreando un magnifico stile di ingenuità compositiva, talmente perfetto, che spesso sembra siano completamente ignari e inconsapevoli di ciò che stanno suonando.
I testi riecheggiano di una filosofia fiabesca come in “Back to my big Godzilla” dove con le parole: “Solo calci in culo, solo calci in culo, solo calci in culo, per tornare dal mio Godzillone!” questi nuovi Doors del 2000 ci propongono un panegirico rutilante e di notevole profondità intellettuale dal quale emerge prepotente tutta la disperazione di una generazione tediata.
Gli Amba Rabah portano avanti un discorso moderno sulla concezione della psiche e sul suo divenire che, grazie alla presenza arrembante di un nuovo io transeunte, genialmente identificato con il mitico mostro giapponese, viene trascinata e salvata allo stesso tempo dalla distruzione.
Strepitoso il lento “Ballad for a postman” in cui nei sedici minuti di puro progressive del brano non si ode nessun altro rumore che quello di un uomo che affranca lettere aiutato dal suo cane bavoso.
Si va poi verso l’ottimistica e scoppiettante “2 minutes to my autopsy” passando per l’allegrissimo e ritmato “Look at my depression”; infine la title track “Coloured vomits” nella quale il testo ci spinge ad una ricerca meticolosa di noi stessi in mezzo ai resti di un mondo che, grazie ad una metafora quanto mai efficace, vediamo riproposto nel vomito di un grassone alcolizzato di Boston.
La cantante Porty è un vero e proprio mostro e copre con la sua estensione ben sette ottavi del palco.
Pozzofangoso invece dispone di una tecnica formidabile grazie alla quale può esibirsi in assoli di notevole difficoltà; infatti la sua tecnica del suono è molto brava anche a suonare la chitarra e quando la partitura diventa tosta lui si fa sostituire.
Per ciò che riguarda le ritmiche gli Amba Rabah palesano ancora qualche limite.
Il bassista Obongo infatti suona solo pezzi in tre quarti dentro un cerchio dipinto con un gesso giallo per motivi religiosi.
Il batterista Ke Gong proviene invece da una poverissima famiglia della periferia di Hiroshima ed oltre a suonare con le stesse bacchette con le quali mangia per motivi economici, ha anche evidenti problemi di coordinazione nell’eseguire i tempi dispari e spesso gli capita di urtare il rullante con tutte e tre le braccia.
Potremo ammirarli presto anche in Italia quando suoneranno, unica data nel nostro paese, al Funny Cancer di Roccapeperone (Ag), accompagnati per l’occasione dagli italianissimi “Riccioli di margarina rancida” dei quali parleremo diffusamente nel prossimo numero.
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