Parassiti assatanati
A tavola a casa dell'amico Obongo siedono amici e parenti e la sua fidanzata spagnola Obonghiña.
I fantastici bucatini all'amatriciana sono il perfetto condimento di un caldo pomeriggio primaverile romano.
I commensali ridono e scherzano e conversano del più e del meno.
Il pranzo termina, la tavola viene sparecchiata e Obonghiña si offre per lavare i piatti.
Chiaramente Obongo le dice di non preoccuparsi, da perfetto ospite e galantuomo italiano.
Obonghiña timidamente protesta nel suo italiano spagnoleggiante, muy caliente ma ancora un po' stentato:
"Ma dai, lassame lavare i piati! Fami fare hualchecossa"
"No, non preoccuparti cara. Grazie, ci penso io dopo."
"Ma non me fai mai farre niennte. Jo vengo siempre a mangiare qui a cassa tua e non poso neanche aiuttare un poqo"
"Cara, davvero non c'è bisogno..."
"Uffi... Mi fai sentire come... Como se dize... Una succhiante! Ecco, mi sento una succhiante!"
Obongo ed il resto dei commensali, come vere e proprie sanguisughe, si attaccarono alla maldestra traduzione per sbellicarsi dalle risate mentre la povera Obonghiña intuiva che aveva ancora molto da approfondire sul tema "Parassiti e sesso orale nelle figure retoriche dell'italiano moderno".
Oggetto volante non identificato.
Obongo e sua moglie Obongjija si sono appena trasferiti in Italia, dove la signora proveniente dalla Serbia sta, giorno dopo giorno e con invidiabile rapidità, migliorando le sue conoscenze linguistiche.
La parlata fluente è ancora lontana, ma il lessico migliora sempre più, vocabolo dopo vocabolo.
A casa degli amici Obongassa, una sera, Obongjija si intrattiene a giocare un po' col piccolo Obonghino.
Dalla montagna di giocattoli sbuca fuori un trenino.
"Questo è treno?" chiede Obongjija a Obongo prima di continuare a giocare con Obonghino.
"Si" conferma premuroso il marito.
E' poi la volta di un galeone dei pirati.
"Come si chiama grande nave?" chiede Obongjija con grande curiosità.
"Galeone dei pirati" risponde puntuale Obongo.
"Ah, galeone dei pirati" e via il gioco con Obonghino riprende.
Ecco che arriva il momento di un mostruoso pipistrello di plastica, che Obonghino passa ad Obongjija.
Obongjija osserva il pipistrello.
Il pipistrello osserva Obongjija.
Obonjija chiede ad Obongo:
"Questo si chiama pompinello?"
La risposta fu "no" anche se per un attimo l'alternativa "dipende dall'uso che se ne fa" sembrò accettabile al divertito Obongo.
Offrile qualcosa di estremo.
Un ritrovo a casa di Ziubongo tornato da poco dagli Stati Uniti con alcuni amici ed amiche per trascorrere le vacanze estive.
Un po' perchè gli statunitensi non capitano tutti i giorni da quelle parti, un po' perchè l'ospitalità e la cortesia scorrono nelle vene dei sardi, tutti sono gentili e cercano di fare un po' di conversazione con gli ospiti stranieri, incluso Obongo la cui padronanza della lingua inglese rasenta il ridicolo.
Tra una pizza ed una bevanda, un "uazziorneim" ed un "ai don spichinglisc veri uel", la serata prosegue amena senza particolari intoppi.
Ad un certo punto Obongo nota il bicchiere vuoto della spaesata Obongrace e capisce che la ragazza ha sete.
"Ugiulaik som bir (Would you like some beer)" chiede Obongo alla meno peggio.
"No thanks, I don't drink beer" replica Obongrace con un sorriso.
"Coca cola" chiede Obongo non sapendo neanche tradurre Coca Cola in inglese ed indicando col dito la bottiglia.
"No thanks" replica nuovamente Obongrace che però dava chiaramente la sensazione di essere assetata.
Giunto al termine delle frasi conosciute e vedendo che riusciva tutto sommato a farsi capire, Obongo decide di addentrarsi nel territorio della traduzione estemporanea, forse aiutato anche dalla suddetta "bir" da lui bevuta, invece, in abbondante quantità.
Pensa tra sé e sé, mentre adocchia la caraffa del succo d'arancia: "Aranciata... mmm si può anche dire succo d'arancia!.. mmm... Succo... gius (juice), si dice gius, la so! Arancia, si dice oreing, iureing, aiureing (orange)... una cosa così... dai, la so!".
E mentre la regina di Inghilterra inspiegabilmente si accasciava a terra colta da un misterioso malore, Obongo formulò la sua formidabile domanda di cortesia: "ugiulaik som iuringius (Would you like some urin juice)?"
Il perchè Obongrace e a seguire tutti i presenti scoppiarono a ridere in preda a spasmi irrefrenabili sembrava ad Obongo un mistero, quello che mai come in quel momento, si sarebbe potuto definire, un giallo internazionale.
A tavola a casa dell'amico Obongo siedono amici e parenti e la sua fidanzata spagnola Obonghiña.
I fantastici bucatini all'amatriciana sono il perfetto condimento di un caldo pomeriggio primaverile romano.
I commensali ridono e scherzano e conversano del più e del meno.
Il pranzo termina, la tavola viene sparecchiata e Obonghiña si offre per lavare i piatti.
Chiaramente Obongo le dice di non preoccuparsi, da perfetto ospite e galantuomo italiano.
Obonghiña timidamente protesta nel suo italiano spagnoleggiante, muy caliente ma ancora un po' stentato:
"Ma dai, lassame lavare i piati! Fami fare hualchecossa"
"No, non preoccuparti cara. Grazie, ci penso io dopo."
"Ma non me fai mai farre niennte. Jo vengo siempre a mangiare qui a cassa tua e non poso neanche aiuttare un poqo"
"Cara, davvero non c'è bisogno..."
"Uffi... Mi fai sentire come... Como se dize... Una succhiante! Ecco, mi sento una succhiante!"
Obongo ed il resto dei commensali, come vere e proprie sanguisughe, si attaccarono alla maldestra traduzione per sbellicarsi dalle risate mentre la povera Obonghiña intuiva che aveva ancora molto da approfondire sul tema "Parassiti e sesso orale nelle figure retoriche dell'italiano moderno".
Oggetto volante non identificato.
Obongo e sua moglie Obongjija si sono appena trasferiti in Italia, dove la signora proveniente dalla Serbia sta, giorno dopo giorno e con invidiabile rapidità, migliorando le sue conoscenze linguistiche.
La parlata fluente è ancora lontana, ma il lessico migliora sempre più, vocabolo dopo vocabolo.
A casa degli amici Obongassa, una sera, Obongjija si intrattiene a giocare un po' col piccolo Obonghino.
Dalla montagna di giocattoli sbuca fuori un trenino.
"Questo è treno?" chiede Obongjija a Obongo prima di continuare a giocare con Obonghino.
"Si" conferma premuroso il marito.
E' poi la volta di un galeone dei pirati.
"Come si chiama grande nave?" chiede Obongjija con grande curiosità.
"Galeone dei pirati" risponde puntuale Obongo.
"Ah, galeone dei pirati" e via il gioco con Obonghino riprende.
Ecco che arriva il momento di un mostruoso pipistrello di plastica, che Obonghino passa ad Obongjija.
Obongjija osserva il pipistrello.
Il pipistrello osserva Obongjija.
Obonjija chiede ad Obongo:
"Questo si chiama pompinello?"
La risposta fu "no" anche se per un attimo l'alternativa "dipende dall'uso che se ne fa" sembrò accettabile al divertito Obongo.
Offrile qualcosa di estremo.
Un ritrovo a casa di Ziubongo tornato da poco dagli Stati Uniti con alcuni amici ed amiche per trascorrere le vacanze estive.
Un po' perchè gli statunitensi non capitano tutti i giorni da quelle parti, un po' perchè l'ospitalità e la cortesia scorrono nelle vene dei sardi, tutti sono gentili e cercano di fare un po' di conversazione con gli ospiti stranieri, incluso Obongo la cui padronanza della lingua inglese rasenta il ridicolo.
Tra una pizza ed una bevanda, un "uazziorneim" ed un "ai don spichinglisc veri uel", la serata prosegue amena senza particolari intoppi.
Ad un certo punto Obongo nota il bicchiere vuoto della spaesata Obongrace e capisce che la ragazza ha sete.
"Ugiulaik som bir (Would you like some beer)" chiede Obongo alla meno peggio.
"No thanks, I don't drink beer" replica Obongrace con un sorriso.
"Coca cola" chiede Obongo non sapendo neanche tradurre Coca Cola in inglese ed indicando col dito la bottiglia.
"No thanks" replica nuovamente Obongrace che però dava chiaramente la sensazione di essere assetata.
Giunto al termine delle frasi conosciute e vedendo che riusciva tutto sommato a farsi capire, Obongo decide di addentrarsi nel territorio della traduzione estemporanea, forse aiutato anche dalla suddetta "bir" da lui bevuta, invece, in abbondante quantità.
Pensa tra sé e sé, mentre adocchia la caraffa del succo d'arancia: "Aranciata... mmm si può anche dire succo d'arancia!.. mmm... Succo... gius (juice), si dice gius, la so! Arancia, si dice oreing, iureing, aiureing (orange)... una cosa così... dai, la so!".
E mentre la regina di Inghilterra inspiegabilmente si accasciava a terra colta da un misterioso malore, Obongo formulò la sua formidabile domanda di cortesia: "ugiulaik som iuringius (Would you like some urin juice)?"
Il perchè Obongrace e a seguire tutti i presenti scoppiarono a ridere in preda a spasmi irrefrenabili sembrava ad Obongo un mistero, quello che mai come in quel momento, si sarebbe potuto definire, un giallo internazionale.
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