La gioia di scoprire
piccole, meravigliose e soprattutto inaspettate perle, nei viaggi all’estero.
Obongo è in vacanza con alcuni amici in Obonghistan, una nazione che dopo anni di turbolenze interne ora
conosce un periodo di pace e prosperità e che è diventata una nuova meta
turistica.
La stagione invernale è
perfetta per ammirare le bellezze della capitale, città che coniuga il fascino
delle antichissime piazze e chiese con le nuove architetture in stile moderno.
Nonostante le temperature
basse, fidandosi degli itinerari studiati dal meticoloso Obongazio, il gruppo
di turisti gode sia delle bellezze culturali, museo dopo museo, che di quelle gastronomiche,
ristorante dopo ristorante.
La vacanza volge al termine
e, a causa di un castello chiuso al pubblico, il programma dell’ultima giornata
offre un intero pomeriggio vacante.
Obongazio, sempre pieno di
risorse afferra la guida turistica con una mano ed il computer connesso ad Internet con
l’altra ed in men che non si dica trova una soluzione: una gita all’orto
botanico.
Il gruppetto satollo da un
pranzo bagnato con parecchio vino locale, si fida ciecamente della guida, senza
prestare caso al fatto che è pieno inverno e che la temperatura massima
registrata nell’ultimo mese è stata di due gradi, probabilmente non le
condizioni migliori per ammirare fiori e piante in tutto il loro splendore.
Si incamminano e arrivano alla
meta.
Giunti alla biglietteria,
vengono accolti dal custode, parecchio incredulo.
- Sei
biglietti? Davvero?
- Sì
grazie.
- Sicuri?
- Sì, certo,
sei biglietti per favore.
- Voi
volete davvero entrare qui? Oggi?
- Sì,
vogliamo vedere l’orto botanico.
- Ok,
ecco i biglietti.
Il custode li guarda con un
sorrisino beffardo; i sei amici pensano che il problema sia dovuto alla
lingua, quindi pagano il biglietto e proseguono.
Un breve sentiero li
conduce all’interno del parco dove si apre il glorioso Giardino della Libertà,
dove la libertà sottintesa dal nome, in pieno Gennaio, è quella di immaginarsi
il Giardino.
In effetti dei fiori
colorati e delle foglie dalle mille forme non c’è traccia sulle piante e, a
guardar bene, anche la quasi interezza delle medesime latita del tutto.
Quasi tutte le aiuole sono coperte
da solidi strati di neve ghiacciata, lasciando così all’osservatore il compito di
fantasticare che là sotto giaccia un seme il quale diverrà in pochi mesi prima
pianta e poi fiore: mai come in questo caso, la bellezza è nell’occhio di chi
guarda.
E se le piante inesistenti
non offrono grande sollazzo al turista improvvisatosi botanico, le poche ancora
rimaste in superficie possono fornire spunti interessanti solo all’occasionale
suicida di passaggio: bambù spezzati in due dal peso della neve, frutti
decomposti e surgelati ancora attaccati ai rami secchi e cespugli di spine e
fogliame indistinguibile afflosciatisi esangui per terra.
Obongo, al suo passaggio,
giura di aver sentito un’ortensia sussurrargli “finiscimi, pietà, soffro
troppo”.
Anche il botanico più esperto
avrebbe avuto delle difficoltà senza le targhette piantate nel terreno a
distinguere una ‘Obongula Aurea Iridiscens’ da un ‘Convolvolus Obongatus Lilium’,
in quanto entrambi ben nascosti sotto le rispettive zollette di terriccio
innevato.
E a proposito di targhette,
il sempre creativo Obongo, non trovando di meglio da fare, ha pensato bene di scambiarne
un paio; magari in primavera leggerà sul giornale di qualche incauto visitatore
che pensando di odorare una ‘Rosa Odoris Pulcherrimum’ si è fatto asportare il
naso da una ‘Vorax Carnivorae Dementis’.
Il colpo di grazia che sancisce
l’entità dell’errore della visita all’orto botanico, arriva quando gli amici
osservano una coppia di vecchissimi e spaesati Obonghistani che si sono
evidentemente persi; i due sono intenti a scegliere le aiuole dove riposare in
pace una volta passati a miglior vita.
L’instancabile Obongazio in
un ultimo impeto d’animo, cercando di salvare il salvabile, annuncia: “andiamo
a vedere gli Obongus Magnus, gli alberi più rari di questo orto botanico”.
Il gruppetto con una timida
speranza nel cuore si dirige verso il santuario degli Obongus Magnus, dove il
custode di prima è intento ad accatastare della legna tagliata di fresco.
- Ha
fatto troppo freddo, sono tutti morti. Per fortuna ne abbiamo piantati
tantissimi quest’anno, sono tutti lì. Guardate.
L’area indicata dal custode
ha una somiglianza inverosimile con l’angolo delle piante da sabbia,
l’appezzamento dei lillà, il campo dei gerani e così via, anche essa ben
sigillata sotto il solito anonimo strato di terra ghiacciata.
I sei, con nella mente le
fresche, anzi freschissime immagini del giardino che non hanno visto, decidono
di abbandonare l’impresa e tornare a bere vino locale in attesa della partenza.
Sull’aereo che li riporta a
casa Obongo è intento a scribacchiare veloce.
Obongazio è curioso.
- Che
scrivi?
- Faccio
una lista.
- Di
cosa?
- Idee
per le prossime vacanze in Obonguzia a ferragosto.
- Ah,
interessante, anche io ho già un sacco di idee. Tu cosa hai scritto?
- Visita
alle sculture di ghiaccio, festival locale del maiale fritto ripieno di polenta
e, se ci resta un po’ di tempo, facciamo anche il percorso della salute nel
deserto minato al confine con l’Obonghistan.
Nessun commento:
Posta un commento