Il giovane Obongurra e i suoi amici
girellano senza meta, godendosi una bella giornata di sole.
Decidono di andare a comprare un
bombolone alla crema e giunti a pochi metri dalla pasticceria vedono uscire una
loro vecchia conoscenza dalla porta della medesima: Obongo.
Obongo è un ragazzino del loro
stesso quartiere, decisamente uno poco benvoluto: piccoletto e nervoso, si è
sempre contraddistinto per i modi antipatici ed in particolare per la sua
proverbiale avarizia.
Grandissimo amante di dolci di ogni
sorta non ne ha mai condiviso uno con chicchessia.
Divenuto presto l’oggetto di
scherzi e prese in giro sempre più pesanti, ha pensato bene di cambiare
frequentazioni e per quel motivo Obongurra e i suoi amici non lo incontrano da
qualche tempo.
- Ma è Obongo quello? Da dietro sembra lui…
- È proprio lui! La passione per i bomboloni non l’ha persa.
- Guarda, stessa magliettina di tre anni fa!
- Eh mai che se ne compra una nuova! Costa troppo! [risate di scherno]
- Non ci ha visto, è troppo impegnato a mangiarsi il bombolone! [altre risate]
- Puoi sempre andare a chiedergli se te ne offre un pezzo… Ah ah ah! [risate a go go]
- Sì per prendergliene un pezzo devi riuscire a staccargli anche la mano dal braccio [ancora altre risate]
- Adesso ti faccio vedere io come me lo offre!
- Cosa hai in mente Obongurra?
- Vado a salutarle lui e il suo bombolone; state a guardare, questa faccia ve la ricorderete a lungo!
Obongurra accelera il passo con
grazia felina per avvicinarsi al bersaglio, mentre mentalmente definisce i
dettagli del piano criminoso che gli è balenato in testa: rapido tocchetto
sulla spalla sinistra, spostamento del corpo sulla destra, attesa che la
vittima giri il capo nella direzione sbagliata, aggiramento del nemico e, prima
che possa fare un solo movimento, GNAMM, affondamento delle zanne sul bombolone
target.
Obongurra decide che, per amplificare
l’effetto sorpresa, resterà fermo con i denti conficcati nella pasta, in
posizione plastica, con la mandibola serrata e gli occhi sgranati con
espressione indemoniata, emettendo una risata gutturale e profonda a bocca
piena, a pochi centimetri dalla faccia della povera vittima.
Già si pregusta l’espressione di
Obongo di fronte a tale e tanto scempio del suo prelibato dolce.
Come una sorta di
giaguaro-ballerina Obongurra scivola avanti veloce, completando la manovra di approccio
con successo. Nel pur breve tempo a disposizione ha ripercorso il piano decine
di volte; ancora un passettino e sarà addosso all’ignaro Obongo.
Tocchettino sulla spalla sinistra.
Obongo si gira.
Obongurra attacca.
GNAMM.
Posa plastica.
Sguardo indemoniato.
Obongo si rigira.
L’effetto sorpresa è devastante.
Obongurra ha appena scempiato il
bombolone di Obongo con un morso animalesco e ora cerca la conferma che il suo
divertentissimo scherzo è riuscito negli occhi della vittima.
Ma non la trova.
Non la conferma.
La vittima, non trova la vittima.
Come gli amici avevano potuto già
constatare nel momento in cui si era girato dopo essere stato toccato sulla
spalla, quel tale non era Obongo.
Gli occhi che Obongurra sta
fissando sono quelli di un bambino down a cui ha appena dimezzato la merenda.
Sta tenendo la posa plastica con
sguardo invasato e denti che trasudano crema, di fronte ad un indifeso bimbo
con un evidente ritardo mentale.
Troppo tardi anche per fermare la
risata gutturale, alla quale il bambino risponde con un placido sorriso a 32
denti condito da svariati pezzi di bombolone masticato.
Obongurra è paralizzato e non
riesce a muoversi.
Interpretando la risata come un
saluto, il bimbo ricambia presentandosi e accarezzando Obongurra delicatamente
sulla faccia con il palmo della mano zuccherato, in segno di affetto.
L’espressione cinica negli occhi
dell’assalitore ha lasciato il posto ad un’espressione confusa, che sta per
degenerare in terrore; qualche secondo dopo infatti Obongurra torna in sé, e
dopo uno sguardo al naso del ragazzo e alla macchia verde sulla superficie del
bombolone, incrocia i dati in suo possesso e, producendosi in un balzo all’indietro,
rilascia finalmente il morso.
Una volta restituito il maltolto al
bambino che sembrava Obongo e svariati sciacqui con il collutorio dopo, gli
amici tutti convennero che sì, la faccia di Obongurra se la sarebbero ricordata
a lungo.
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