La storia è fatta di battaglie e
sfide che l’uomo ha dovuto e ancora deve combattere per la sua stessa
sopravvivenza; eccone un piccolo esempio, basato su un episodio di vita vissuta.
Obongo ogni mattina combatte una
sua personalissima battaglia contro il timer della macchinetta del caffè del
suo ufficio.
Per evitare che i dipendenti si
attardino a parlottare troppo a lungo di fronte alla suddetta macchina,
l’apparecchio si spegne automaticamente dalle 8,30 fino alle 9,30.
Arrivare almeno pochi secondi prima
delle 8,30 è quindi questione di vita o di sonno.
Obongo non è per niente un tipo mattiniero
e ha bisogno del suo caffè per affrontare la mattinata; allo stesso tempo, non
ha nessuna intenzione di mettere la sveglia qualche minuto prima, rubando istanti
preziosi all’altrettanto prezioso sonno.
Il risultato è una patetica,
affannosa corsa per battere lo stramaledetto timer, che si ripete ogni mattina.
Obongo contro la macchinetta, la
macchinetta contro Obongo.
Complice la figlia Obonghina che
dorme poco la notte, Obongo viene da una striscia di risultati negativi che
perdura da un paio di settimane dove la macchina lo ha battuto regolarmente e
con margini sempre più ampi.
I colleghi lo sfottono
accogliendolo alla scrivania ognuno con il loro caffè caldo fra le mani.
“Che buono questo caffè!”, “Ah, ora
me lo sorseggio con calma”, “Ci voleva proprio”, “Uh, sono le 8,32 ed è già il
terzo stamattina”.
Obongo abbozza, un occhio chiuso e
l’altro mezzo aperto, arrancando verso la sua postazione, strusciandosi la
faccia con le mani sapendo che il risveglio verrà posticipato di un’ora per
mancanza di caffeina.
Arriva una notte in cui però
Obonghina inaspettatamente dorme senza svegliarsi ululando.
Obongo apre gli occhi, si
stiracchia, guarda l’ora; si sente rilassato, si sente pronto.
“Oggi vinco io.”
Inizia la battaglia.
La doccia procede senza intoppi. [23 minuti e 15 secondi all’ora X]
“Puoi cambiare Obonghina?” Obongo a
testa bassa esegue il cambio pannolino stabilendo il nuovo primato Europeo,
limitando il danno a una manciata di secondi persi. [18 minuti e 40 secondi all’ora X]
Si esce. Via in macchina. Il
parabrezza si sbrina in fretta; si parte.
[16 minuti e 15 secondi all’ora X]
Pedone sulle strisce. [13 minuti e 20 secondi all’ora X]
Semaforo rosso. [10 minuti all’ora X]
Parcheggio. [4 minuti e mezzo all’ora X]
Oh no! La collega chiacchierona; l’ostacolo
più temuto!
“Heeeeyyyy ma quanta frettaaaaa, ma
dove corriiiiii? Hai visto il figlio del vicedirettore si è messo con…”
“Grunt… Gnogno… Ca… Fè… Là… Ciò… Ngù…”
Obongo sfodera il suo miglior repertorio di convenevoli mattutini e fugge
rapido senza fornire ulteriori spiegazioni [2
minuti e 10 secondi]
Portone. La chiave non gira. La
vista si annebbia. Principio di tachicardia. “Precisione. Precisione, ci vuole
precisione, concentrati! Puoi farcela, calmo, calmo, calmo!!!”. CLAC! La porta
si apre.
Via sulle scale come uno stambecco
impazzito. [45 secondi all’ora X]
Slalom fra due colleghi lenti in
corridoio, scheggiando il braccio del secondo con la borsa del PC.
Nessun danno a cose o persone.
Persi solo pochi centesimi di secondo. [8
secondi all’ora X]
Corridoio finale.
Chiavetta della macchina già in
pugno. Ormai è questione di fortuna; bisogna giocarsi il tutto per tutto.
Che Dio me la mandi buona.
Obongo si tuffa a braccio teso e
inserisce al volo la chiavetta nell’apposita fessura.
Centro perfetto!
Ancora in fase aerea Obongo digita
il codice per il caffè espresso con la mano libera; click-click… è fatta!
Il timer sulla macchinetta segna:
00:00:01.
Obongo atterra. Sa di avere vinto.
Il tempo si ferma. Un ghigno di soddisfazione gli appare sul volto.
Ritira il premio e si avvia bel
bello verso la scrivania, dove lo accolgono gli sguardi increduli dei colleghi.
Obongo a ruota libera sbeffeggia i
colleghi canzonandoli in falsetto con le stesse frasi che ogni giorno gli
rivolgevano per schernirlo, improvvisando un balletto ancheggiante e una mezza
piroetta.
“Gnè, gnè, gnè, che buono questo
caffè, gnè, gnè, gnè!”
Poi si siede, poggia il caffè di
lato e inizia a sistemare il suo laptop, pregustandosi il momento in cui lo
sorseggerà, sentendo il benefico effetto del liquido nero contribuire al suo
risveglio.
Apre il laptop, lo accende, collega
l’alimentatore, collega il mouse.
Allunga la mano verso la tazz…
“FRETTOLOSONEEEE!!!! MA DOVE CORREVIIIII?????”
La collega chiacchierona si è
materializzata alle sue spalle, apostrofandolo a voce altissima e facendogli
prendere un accidente.
Obongo sussulta, girandosi di
scatto.
La manica del suo maglione
improvvisamente è zuppa di caffè.
La sua scrivania è piena di caffè.
Larghe macchie di caffè imbrattano
alcuni fogli.
C’è caffè ovunque.
Tranne che nella tazzina, l’unico
posto dove dovrebbe trovarsi adesso il caffè; quest’ultima giace invece riversa
e vuota, dopo essere stata investita dal braccio di Obongo nel movimento
inconsulto.
Obongo ha vinto la battaglia contro
il timer della macchinetta del caffè, ma ha perso la sfida più importante,
quella che ancora l’uomo non sa come vincere: evitare che per l’ennesima volta
una donna impicciona riesca a vanificare tutti i suoi sforzi.
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