Il giovane Obongurra ama il suo
lavoro.
Ha iniziato da poco ma è già molto
promettente e riesce bene in quel che fa.
L’unico vero ostacolo nella sua giovane
carriera è la burocrazia con la quale purtroppo ha spesso a che fare. Ma non la
burocrazia in toto; in generale riesce a districarsi bene.
Il suo problema è solo uno, il
decano di timbri e modelli in triplice copia: l’Arcinotaio.
L’Arcinotaio è un signore piccolo
piccolo che già da tempo dovrebbe essere in pensione e invece è ancora saldamente
ancorato al suo posto e, nonostante la veneranda età, possiede ancora un
cervello fino e una grande vitalità.
Un tipo arcigno dai modi bruschi,
per usare un eufemismo, lavora come un eremita in una sorta di cubicolo isolatissimo
nel sotto piano semi abbandonato di un vecchio stabile comunale, in cui riceve,
solo a orari ben prestabiliti, colleghi e lavoratori che hanno bisogno dei suoi
servizi di burocrate.
Il suo antro è divenuto negli anni
un luogo mitologico: un piccolo ripostiglio grigio e buio dove i metri cubi
occupati da libri e documenti collimano perfettamente con quelli fisicamente a
disposizione.
Le leggende narrano che, con una
perizia che sfida le leggi dello spazio e del tempo, l’Arcinotaio sia riuscito
nel corso degli anni ad archiviare tutto con meticolosa precisione fino a ricavare
fra le scartoffie anche lo spazio per sé, una scrivania e due sedie. Altissime
pile di documenti perfettamente allineati sui ripiani, libri in equilibrio
statico perfetto sul bordo delle mensole, tutta la cancelleria sistemata con
cura maniacale; ogni cosa al suo posto, stipata con logica certosina in angusti
spazi rubati ai millimetri.
I suoi servizi ormai sono limitati
al rilascio di qualche timbro, ma talvolta è necessario averci a che fare.
Nessuno infatti ama doversi
relazionare con costui: troppa è la paura di venire sopraffatti dalla
precisione inarrivabile del personaggio e di avere fatto anche il minimo errore
nel compilare la documentazione richiesta dal caso.
È risaputo che l’Arcinotaio
rigetterebbe la pratica maledicendo tutte le nuove generazioni incapaci di
distinguere un modello AK213 da un AK213/2, con una tiritera infinita, che per
rispetto verso l’anziano personaggio toccherebbe pure sorbirsi in silenzio. Non
solo: traendo un sottile piacere dal fallimento del povero consulente in
questione, l’Arcinotaio gli fisserebbe il primo appuntamento disponibile alle due
del mattino del prossimo giorno di festa in calendario.
Obongurra ci ha già sbattuto il
muso più e più volte, ma ha bisogno del famigerato timbro e non ha modo di
evitare l’ennesimo incontro.
“Ma non lo sa che il cliente deve
siglare tutte le 1049 pagine di tutte e sette le copie?”
“Sì Arcinotaio, il cliente infatti
ha…”
“A pagina 783 della quarta copia ha
iniziato a firmare in blu!”
“Beh, era finito l’inch…”
“Non si può cambiare colore.
Articolo 243/a/ter dell’accordo quadro del Manuale sulla Compilazione dei
Contratti di Assistenza. Inoltre nella delega ha firmato di nuovo in nero. Un
lavoro da principiante. Non lo posso accettare.”
Alla volta dopo il colore
dell’inchiostro era giusto, ma ben tre delle sigle su più di 7000 presentavano
“difformità calligrafiche non determinanti ma sospette tali da richiedere una
consulenza specialistica esterna”.
Due mesi dopo, anche se il parere
dell’esperto aveva fugato ogni dubbi sulle tre siglette, c’era un problema con
due fotocopie che presentavano una vaga scoloritura ai bordi del foglio,
rendendo invisibile l’ultima lettera della parola “eccezionalment”. Inutili le
proteste di Obongurra che reclamava la “e” come unica possibile opzione,
dizionario alla mano; l’Arcinotaio ha declinato ostinatamente ogni
responsabilità sull’accettare un documento in cui potesse esserci, per esempio,
la parola “eccezionalmentderungher” che magari in qualche lingua poteva
stravolgere il senso compiuto del capoverso.
Al giorno previsto per l’incontro,
Obongurra si presenta preparatissimo.
Ha passato l’ultimo mese a
scandagliare ogni centimetro quadrato di ognuna delle copie e delle sigle
apposte. Si sente pronto. Oggi vuole vincere lui.
Non senza qualche nervosismo entra,
scivolando nell’ufficio del burocrate ed incastrandosi nello spazio vitale
disponibile fra fogli, libri ed altre cose accatastate ovunque, stando
attentissimo e pesando ogni singolo movimento nella manovra.
“Buongiorno Arcinotaio”
“Buongiorno giovanotto; ha messo in
ordine quelle carte squinternate? Spero non voglia farmi perdere altro tempo
con una documentazione incompleta.” [sguardo
acutissimo e penetrante]
“Ecco qua Arcinotaio. Perfette,
come piacciono a lei.” [raccoglie lo
sguardo di sfida e ricambia deciso]
Poche ore dopo, l’Arcinotaio chiude
l’ultimo tomo con uno sbuffo ed osserva Obongurra.
Obongurra è trepidante; un rivolo
di sudore gli attraversa la fronte.
“E bravo giovanotto, ci ha messo un
po’, ma ha fatto un buon lavoro. Le preparo il nullaosta FV/bis con il mio
timbro tondo.”
Impatta in un colpo solo ogni
singolo oggetto presente nella stanza.
Ciò che ne consegue è una nuvola di
fogli e tomi che improvvisamente si levano in volo.
E se gli ultimi atterrano subito,
ci vogliono svariati minuti perché anche l’ultimo foglio abbia completato il
tragitto dalla pila dove si trovava al pavimento, dopo essersi prodotto in
spettacolari acrobazie nello spazio aereo dell’ufficio; solo in quell’istante
Obongurra ritrova lo sguardo dell’Arcinotaio, intento a passargli un biglietto appena
scritto di suo pugno.
“Prossimo appuntamento: 25 Dicembre
ore due del mattino.”
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