Un giovanissimo Obongo partecipa ad
una festa.
Drink in mano si addentra tra la
folla in cerca di qualche obonga con cui fare due chiacchiere.
Dopo un po’ nota lei: Mattobonga.
Il classico tipo acqua e sapone,
vestita in maniera semplice ma con un suo fascino particolare; non la classica
bonazza che tutti si girano ad ammirare, ma una ragazza dotata di uno sguardo dolce
e intelligente e, a giudicare da come discute con le persone di fronte a lei, anche
di simpatia e personalità.
Obongo decide che con ogni
probabilità oltre che carina deve essere anche una conversazione piacevole, e
questa cosa lo attira parecchio.
La manovra di avvicinamento va a
buon fine e, grazie ad un’amica comune che fa le presentazioni, dopo pochi
minuti Obongo si ritrova a parlottare da solo con Mattobonga.
Le supposizioni iniziali trovano
presto riscontro; una tipa non comune, molto interessante, con una personalità
spiccata, completamente a suo agio nel parlare di film, libri, musica, cultura
e hobby molto più che di discoteche, moda e frivolezze.
Tra un sorriso aggraziato e qualche
espressione del viso che Obongo trova sempre più irresistibile i due sembrano
legare e una buona mezz’ora vola via parlando del più e del meno.
Quando accade.
Mattobonga improvvisamente ammutolisce
e fissa Obongo dritto negli occhi.
Obongo ripete quello che stava
dicendo.
Nessuna risposta.
Poi le chiede se tutto va bene.
Nessuna risposta.
Stesso guardo fisso, ma un po’ più
vicino.
Mattobonga si sta avvicinando.
Obongo davvero non sa che fare; per
la sua limitata esperienza, questo non è l’effetto che fa alle ragazze dopo
soli trenta minuti di conversazione.
Mattobonga è davvero vicina.
Si direbbe che… Voglia… Un bacio?!
Obongo si prepara alla meno peggio,
chiude gli occhi.
Il mondo si ferma.
Lasciamo che sia.
E…
Obongo riapre gli occhi un po’ interdetto,
con ancora le labbra in posizione recettiva per un bacio che in realtà non è
arrivato: scandaglia rapido la situazione.
Mattobonga lo sta scrutando da
pochi centimetri di distanza; cerca una sua reazione.
Reazione che non tarda ad arrivare
quando Obongo realizza che la ragazza gli ha appena infilato il dito indice
dentro una delle narici.
Dopo un attimo di confusione
totale, Obongo si ritrae di quanto basta e lascia che il piccolo invasore esca
dal suo naso, dove in circostanze normali non avrebbe alcuna ragione di
trovarsi.
“Ma, scusa, cosa fai?”
“Ah, non doveva essere!”
“Cosa? Chi? Scusa? Cosa è che non
doveva essere?”
“Tra di noi, non doveva essere.”
“In che senso?”
“Io quando trovo un ragazzo che un
po’ mi piace gli metto un dito nel naso; così, all’improvviso. Se lui sta fermo
allora doveva essere, se si sposta, non doveva essere.”
“…”
“Tu ti sei spostato.”
“…”
“OK? Non prendertela, non è colpa
tua. Ciao, ciao”
Mattobonga distoglie lo sguardo da
Obongo e saltella via, diretta verso titolari di narici più abituate a questo
inedito processo di selezione.
Dopo un piccolo dispiacere iniziale
perché la tipa cominciava a piacergli davvero, Obongo rifletté pacatamente sull’accaduto,
finendo per compatire il poveraccio che non si sarebbe ritratto dal bizzarro
test; chissà quali altre ditate Mattobonga avrebbe avuto in serbo per lui nel
prosieguo della relazione.
Andare o no al cinema insieme? Un bel
dito nell’orecchio.
Iniziare una relazione seria,
magari fidanzarsi? Un dito nell’ombelico.
Sposarsi e fare figli? Un bel dito dovunque
sia rimasto uno spazio adeguato per l’ultimo, definitivo esame.
Obongo decise che tutto sommato era
stata una fortuna avere registrato un così basso indice di compatibilità.
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