Un altro personaggio si aggiunge al
variegato mondo di Obongo Forever.
L’ameba Stapoco è un esserino
amorfo che conduce un’esistenza semplice.
Nonostante sia di abitudini parche
e facilmente accontentabile, l’ameba Stapoco ha avuto moltissime delusioni
nella sua vita.
La sua più grande passione era
suonare il pianoforte, ma il fatto di non avere le mani si è rivelato un
problema insormontabile.
Quando ha cambiato hobby per
dedicarsi alla maratona, le cose non sono andate molto meglio.
E così con l’hula-hoop, la salsa, il
canto a cappella e altre svariate attività che prevedevano l’avere delle parti
del corpo per poterle praticare.
L’ultimo tentativo è stato quello
di iscriversi in palestra, ma da subito si è resa conto che il suo desiderio di
essere in forma non aveva alcuna possibilità di realizzarsi.
Un po’ scoraggiata si era accorta
una volta per tutte di non avere a sua disposizione alcun arto o tanto meno
organo: non un rene, un fegato o un pancreas su cui contare e, a giudicare
dall’impressionante numero di tentativi falliti negli anni, certamente non un
cervello.
Se avesse avuto una bocca, per
esempio, sarebbe stata ghiottissima di carote.
Magari con un gruppo di altre amebe
avrebbe dato vita un organismo a supporto di questa prelibata radice, che
sarebbe diventato noto come la “Cellula pro-carota”.
Ma niente bocca, niente carote,
niente di niente.
Per sopperire a quest’ultima
mancanza andò a vivere in un lago per nutrirsi dei cervelli degli incauti
bagnanti che lo frequentavano.
Il tran tran quotidiano procedeva
quindi nel galleggiare a mezz’acqua aspettando che l’orecchio di qualche preda
fosse a tiro, per intrufolarvisi e andare a succhiargli l’encefalo.
Casa, orecchio, cervello, orecchio,
casa.
Stapoco soffriva, non era più nel
fiore degli anni e si sentiva sola e brutta.
Qualcosa mancava nella sua vita: un
compagno che l’apprezzasse.
Fortunatamente un bel giorno,
mentre nuotava dalle trombe di Eustachio verso l’ipotalamo di un analfabeta che
non aveva letto il divieto di balneazione, incontrò un’altra ameba che viveva nello
stesso lago.
“Ciao, anche tu da queste parti?
“Ciao, sì, abito qui vicino.”
“Sei carina, non ti avevo mai visto
prima.”
Stapoco avrebbe voluto arrossire in
quel momento, ma non aveva le guance.
Si accontentò quindi di rispondere:
“Che sfrontato, scommetto che lo
dici a tutte per fare colpo.”
“Scherzi? Per tua informazione sono
uno di gusti moooolto difficili; non faccio mica complimenti alla prima ameba che
passa, io seleziono accuratamente! Solo che tu, se mi permetti, tu hai davvero
dei bei gameti”
“Ih ih ih ih… Grazie.”
“Ti andrebbe di andare a fagocitosi
insieme una di queste sere?”
“Ih ih ih ih… Sì, molto volentieri.”
“Conosco un posto dove si mangia su
dei funghi eccezionali.”
“Ok, va bene.”
“Allora a presto, sexy!”
“Ih ih ih ih”
“Ah, non mi hai detto come ti
chiami?”
“Io mi chiamo Stapoco, e tu, come
ti chiami?”
“Io sono l’ameba Stacherespiri”.
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